Il Getty Museum e quello che rischiamo di perdere
In questi giorni tutto il mondo ha assistito ai terribili fatti della zona di Los Angeles. Tra fotografie di fiamme, distruzione e inferno, un sole nella penombra fumosa rimane rosso come un monito. Il surriscaldamento globale non è una novità, eppure moltissime persone credono ancora che non sia un fatto.
Tra case distrutte, persone che hanno perso ogni cosa, ogni ricordo o la loro stessa vita, sembra impossibile-e infinitamente superficiale- ricordarsi dei luoghi storici, dei custodi dell’arte.
Sullo sfondo di questa devastazione c’è un edificio che racchiude decenni di storia dell’umanità e opere che vanno ben oltre il genio artistico.
J. Paul Getty (15.12.1892-6.6.1976) fu un imprenditore, collezionista e filantropo statunitense. Padrone della Getty Oil Company, nacque in una famiglia facoltosa, da un padre a sua volta protagonista dell’industria del petrolio. I suoi pozzi erano sparsi per tutto il mondo: passando per Texas, Canada, Arabia Saudita fino ad arrivare in Italia dove aveva possedimenti a Gaeta, Ravenna e Milazzo.
Proprietario della villa Odescalchi a Palo Laziale (oggi rinomato hotel di lusso “La posta Vecchia”) fu rapito dalla bellezza e dalla storia del bel paese, tanto da rubarne l’architettura per un suo progetto personale: La villa Getty.
Getty vedeva l’arte come una forma di civilizzazione della società e ne era profondamente affascinato. Decise perciò di creare un’istituzione finalizzata alla ricerca, alla mostra, alla conversazione, alla pubblicazione e all’educazione dei suoi connazionali di quelle che sono alcune delle opere più belle mai realizzate nella storia dell’uomo.
Nel 1953 diede vita al J.Paul Getty Museum Trust e l’anno successivo convertì la sua proprietà a Palisades in un museo. Nel 1968, memore delle antiche ville romane di cui si era innamorato in Italia, decise di allargare il suo ranch come una “Roman Villa” ad immagine della Villa dei Papiri di Ercolano. Solo 6 anni dopo aprì al pubblico.
Getty incontra la morte nel 1976, all’età di 83 anni, lasciando un patrimonio stimato di oltre 700 milioni al fondo, con l’onorevole obiettivo di: “Diffusion of Artistic and General knowledge”.
Nel 1984 venne stabilita la fondazione del museo che grazie all’eredità è diventato il più ricco al mondo (oltre 1,2 miliardi di dollari).
Alla fine degli anni ’80 il museo si espanse su una superficie di 110 acri sulle montagne di santa Monica e prese il nome di Getty Center. L’architetto designato per la mastodontica costruzione fu Richard Meier.
Finalmente il 16 dicembre del ’97, dopo anni di duro lavoro e modifiche, il secondo museo aprì le porte al pubblico.
Ad oggi il museo contiene dipinti, disegni, sculture Romane, Greche ed Etrusche, codici e miniature, arti decorative Europee e fotografie Europee, Asiatiche e Americane.
Al suo interno, ad eccezione delle fotografie, non sono contenute opere d’arte moderna.
Numerose sono però le controversie che circondano l’attività del museo.
Nel 1983 vennero acquistati 144 manoscritti medioevali con miniature dal Ludwig Collection di Aquisgrana che si trovava in serie problematiche economiche; Un’indagine ha riguardato Marion True, curatrice del museo, per l’acquisto sospetto di una corona funeraria Macedone risalente a oltre 2500 anni fa e restituita alle autorità greche nel 2006; una causa con l’Italia per la restituzione di 52 opere trafugate tra cui L’atleta di Fano, conclusasi con un accordo di restituzione di 40 opere.
Il caso più controverso rimane però l’acquisto di un Kouros nel 1984 per 32 miliardi di lire, dichiarato un falso dallo storico Federico Zeri che è stato costretto a non mettere più piede sul suolo Americano.
Anche la figura dell’imprenditore rimane controversa.
Il nipote del noto magnate fu infatti rapito dall’ Ndrangheta e venne richiesto un riscatto di 2 milioni di lire che il vecchio si rifiutò di pagare. Solamente quando gli venne recapitato un orecchio mozzato decise di cedere.
Sembra finita qua, ma non è così. L’uomo chiese indietro l’intera somma al nipote, quasi fosse una sua responsabilità, e vi aggiunse un interesse del 4%.
Nonostante ciò il museo rimane un punto di riferimento della cultura antica su suolo americano e conta ogni anno migliaia di visitatori che differentemente non potrebbero ammirare le famose opere contenute al suo interno.
Ad oggi le opere sono diverse migliaia e tra esse troviamo capolavori come gli “Iris” di Van Gogh (1889), l’Atleta di Fano, il “Velo della Veronica” di Correggio (1521), “Sant’Andrea” di Masaccio (1426), “Venere e Adone” di Tiziano (1555-1560) e l'”Adorazione dei Magi” di Mantegna (1497-1500) e moltissimi altri.
Risulta di vitale importanza perciò, in questo periodo storico delicato in cui gli animi sono confusi e sembra non esserci una prospettiva equilibrata per il futuro, fare un passo indietro, ritornare ad apprezzare la bellezza che ci è stata data e che noi stessi abbiamo creato.
Per ammirarla. Per prendercene cura. E se non altro… per non perderla.