291.
Sembrano le tre cifre finali di un numero di telefono. In realtà questo numero indica parte di un indirizzo: il 291 in Fifth Avenue, Midtown Manhattan, NY.
A questo civico era collocata una famosa galleria d’arte, aperta oltre un secolo fa.
I grandi meriti di questa galleria furono innanzitutto di portare in America la grande tradizione pittorica d’avanguardia Europea. Tra le sue mura vennero infatti esposti i capolavori di Matisse, Picasso, Cezane, Picabia e Duchamp, solo per citarne alcuni.
In secondo luogo, ma non meno importante, espose la fotografia al grande pubblico, conferendogli lo statuto artistico che fino ad allora le mancava.
Il fondatore della galleria, Alfred Stieglitz, era un fotografo egli stesso.
All’inizio del secolo, però, la fotografia mancava di connotazione artistica, sebbene esistessero già dei premi facoltosi per gli aspiranti fotografi. Venivano infatti allestite piccole esposizioni volte a farla conoscere, ma mai in maniera marcata, lasciandola sempre un po’ da parte, quale arte di serie b.
Fu grazie all’amicizia con Edward Steichen, pittore e fotografo, che Alfred riuscì a trovare un sostenitore alle sue idee rivoluzionarie.
Le prime esposizioni non andarono particolarmente bene e la gente era scettica nel concedergli lo spazio per le stesse.
Fu solo nel 1905 che, grazie all’aiuto dell’amico, fu possibile cominciare a porre le basi per quella che sarebbe diventata una delle gallerie più rilevanti dell’intero secolo. Steichen soggiornava proprio al 291 e aveva notato diverse stanze libere. In cerca di nuovi posti in cui esporre pensò subito all’amico a cui si erano chiuse così tante opportunità. Per un intero anno Alfred affittò tre stanze al 291 che sarebbero servite anche a scopi educazionali, per diffondere la sottile arte della luce.
Nella galleria era possibile affittare le stanze per le proprie esposizioni, applicando una percentuale da dare ai proprietari che l’avrebbero immessa nella tesoreria della Photo-seccession, noto movimento di artisti che voleva portare l’attenzione sulla fotografia in un periodo in cui non era ancora considerata al pari della pittura. La prima apertura non ebbe successo, se non nell’ambiente di nicchia da cui provenivano la maggior parte degli espositori.
Seguirono diverse altre istallazioni come quelle di Gertrude Kasebier e Clarence H. White. Con il tempo la galleria ebbe successo e la fotografia fu effettivamente elevata allo statuto artistico che le mancava.
Nel 1908 però l’affitto dei locali venne inaspettatamente raddoppiato causando la chiusura della galleria che non poteva sostenere costi così elevati.
Fortunatamente la chiusura totale e definitiva venne impedita da un neolaureato Harvardiano che, con le ingenti entrate di famiglia, acquistò delle stanze al 293 e le finalizzò all’uso della galleria, permettendo nuova vita alla struttura e alla sua arte. Stieglitz però era rimasto affascinato dall’indirizzo in cui aveva potuto coronare l’inizio della sua avventura e per questo motivo la rinominò 291.
In questo nuovo periodo cominciarono le esposizioni d’arte, arrivando a contare più di 50 mostre l’anno, con artisti di vario calibro. La decisione di orientarsi prevalentemente sull’aspetto della pittura e della scultura non venne vista di buon occhio da tutti. Alcuni appassionati di fotografia si sentirono nuovamente messi in ombra dall’arte che per così tanti anni aveva affascinato i più. Ciò nonostante le mostre continuarono ad andare bene e raccogliere il favore del pubblico che in questo modo poteva conoscere le opere europee e i vari stili artistici che si stavano sviluppando oltre oceano.
Nel 1917 a causa dell’avanzata della prima guerra mondiale e a causa dello scemato entusiasmo per l’arte, la galleria chiuse le sue porte. L’ultima esibizione, proprio di Alfred, si chiamava ” The last days of 291″.
Vi erano ritratti due soldati, uno intento a proteggere l’arte esposta alle sue spalle, e uno ferito quasi mortalmente, proprio mentre compiva il suo sacro dovere di protezione.
Stieglitz aprì altre due gallerie, senza però mai tornare al suo luogo originario, coltivando la sua passione e il suo talento fino all’anno della sua morte, nel 1946.
J.B. Kerfoot disse:
“291 is greater than the sum of all its definitions. For it is a living force, working for both good and evil. To me, 291 has meant an intellectual antidote to the nineteenth century”