Il mio interesse per Sharon Tate è nato da una semplice fotografia: l’attrice indossa un abito azzurro con colletto bianco e sta seduta a un cafè parigino degustando una bevanda calda.
Non sapevo molto di questa giovane bellezza ed essendone rimasta particolarmente colpita, ho cominciato a cercare informazioni su di lei, incappando nella vicenda Manson.
Incredibilmente la sua morte rappresenta il fulcro della sua popolarità, eppure si tende a dimenticare chi fosse quando era in vita.
Sharon nasce nel 1943 da Doris Gwendolyn e PJ Tate, è la loro prima figlia, è sana e bella.
Cresce in un ambiente felice e sereno e sogna di diventare una ballerina o una psichiatra, ma coltiva anche l’ambizione di diventare una star del cinema.
La sua straordinaria bellezza la fa notare da numerose persone, tant’è che nel 1959 partecipa ad un concorso di bellezza che la vede vincitrice.
Nel 1960, a causa del lavoro di militare del padre, la famiglia Tate si trasferisce a Verona, dove soggiornerà per diversi anni. Qui Sharon vive spensierata e felice.
Nel 1962 la giovane si trasferisce a Los Angeles dove decide di tentare la carriera d’attrice, incoraggiata dalla sua bellezza e dall’esperienza positiva del set, che l’aveva vista come comparsa nel film “Le avventure di un giovane” con protagonista Paul Newman.
Nel 1963 partecipa alla serie “The Beverly Hillbillies” in cui fiancheggerà Max Baer.
Nel 1964 incomincia una relazione amorosa con il parrucchiere delle star Jay Sebring, che incontrerà la morte insieme alla ex ragazza per mano della Family di Manson nella tragica notte del 9 Agosto 1969.
Verso la metà degli anni sessanta si reca a Londra per un ruolo in “Eye of the Devil”. Qui ha modo di frequentare l’ambiente culturale della Swinging London, fatto di moda e stravaganza, discoteche e acido (di cui tuttavia non fa mai uso, se non saltuariamente).
In questo periodo incontra l’amore della sua vita, Roman Polanski, con cui recita nel film “Per favore non mordermi sul collo!” del 1967.
Nello stesso anno interpreta Malibu in “Don’t make waves”. Nel film posa in diverse scene in bikini, dove emerge tutta la sua bellezza e tonicità.
Al tempo si prediligeva un aspetto androgino, più vicino alle figure di Twiggy o di Mia Farrow, piuttosto che un fisico tonico e sodo come quello di Sharon. Tuttavia, a dispetto di questo, la Tate emerge come icona sensuale introducendo per la prima volta un tipo di corpo molto più sportivo e curvilineo, che lascia spazio a forme più “rotonde” e dolci.
Il suo ruolo più celebre rimane tuttavia quello di Jennifer North in “Valley of the dolls”, film ispirato al romanzo omonimo del 1967.
Debra Tate, sorella di Sharon, ricorda come il make-up del film fosse estremamente innovativo per il periodo, ispirato alle tecniche usate negli anni ’30 da Greta Garbo.
In questo contesto cinematografico lo sguardo della Tate viene accentuato usando la famosa “banana”, la linea scura, per intenderci, sopra la palpebra, che rimane tutt’ora l’icona indiscussa dello stile degli anni sessanta.
Il film uscì a Dicembre di quell’anno e ottenne recensioni miste, ma fu un successo al botteghino.
Nel Febbraio successivo Sharon viene nominata per il suo primo, e sfortunatamente ultimo, Golden Globe.
“La valle delle bambole” viene considerato ancora oggi un classico del periodo e l’interpretazione della Tate la migliore della sua carriera.
Il 20 Gennaio 1968 è un anno importante per la vita privata di Sharon che convola a nozze con Roman a Chelsea, con un rito non convenzionale e con una festa nuziale svolta al club di Playboy.
Famosissimo l’abito che indossò per l’occasione: moirè di seta avorio mini, proprio come voleva la moda degli anni sessanta. L’acconciatura prevedeva una grossa chioma con fiocchi rosa e bianchi tra i capelli.
Nel 2018 l’abito è stato battuto all’asta di Julien’s Auction per 56,250 dollari.
Sfortunatamente questa bellezza texana non arrivò oltre l’anno 1969. Il 9 Agosto, infatti, incinta di otto mesi del suo primo figlio (con Roman), venne accoltellata da alcuni membri della family di Manson per ragioni ancora non del tutto chiare.
Bisogna pensare che quello era un periodo storico relativamente spensierato. La rivoluzione Hippie degli anni sessanta aveva portato masse di giovani nell’ovest americano, alla ricerca di svago e di una nuova forma di vita, meno rigida e impositiva di quella del decennio precedente.
Non era inconsueto trovare per strada ragazzi che rovistavano nella spazzatura e gente a piedi nudi. La stessa Debra Tate ricorda come lei e la sorella spesso andassero nel centro di Los Angeles scalze e come la cosa fosse del tutto normale per il tempo.
Questa libertà e serenità era sentita da tutti, al punto tale che le persone non chiudevano le porte di casa poiché non si vedeva nell’altro il “nemico”. Girava moltissima droga, acidi per lo più, e prevalevano i party sulle colline Hollywoodiane.
La stessa Didion ricorda quegli anni come un periodo in cui non era inconsueto trovarsi un estraneo in casa. Dichiarerà nel suo “The White Album”, riferimento all’album dei Beatles da cui prenderà spunto Charles Manson per il suo Helter Skelter, che gli anni sessanta finirono proprio con la morte della Tate.
E ripensandoci fu così.
L’uccisione di una ventiseienne, incinta, nella propria casa, fu un segno chiaro del cambiare dei tempi, della nuova mentalità che si stava affacciando nelle vite delle persone. La spensieratezza e la leggerezza di quegli anni si persero inevitabilmente nei fatti drammatici di quella notte.
Tuttavia, nonostante la tragedia che la vide protagonista, la Tate rimane un’icona di stile e di bellezza, di carisma e talento. Ancora oggi ricordata positivamente da coloro che l’hanno conosciuta, porta avanti il suo status di sex symbol e di ispirazione per le nuove tendenze.